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I libri che ho letto.

“Indagine su Gesù” di Antonio Socci


Antonio Socci al Centro Culturale Amici del Timone di Staggia Senese, il 27 febbraio 2009

Presentazione, dello stesso Socci, del testo di Antonio Socci “Indagine su Gesù”.

Antonio Socci è uno scrittore sicuramente scomodo, talmente cristiano (a udir lui) da negare che Papa Francesco sia l’attuale papa, ma che lo sia ancora Ratzinger.

Forse ha trasformato il suo cristianesimo in ideologia? Chi sa…!

Sta di fatto che il suo testo, “Indagine su Gesù” è bellissimo e, all’epoca, lo dedicò a Don Luigi Giussani e a Don Julian Carron; mi sa che oggi non farebbe una cosa del genere, visto che ha inviso anche lo stesso Carron (leggasi gli articoli del suo blog)…

Comunque è assolutamente necessario scrivere un articolo, in questo blog, del saggio del Socci. Mi ricordo che mi stupì come, con argomentazioni semplici e lineari dimostrasse l’esistenza, ragionevolmente certa del Cristo.

“Il padrone del mondo” di Robert Hugh Benson


La guerra è dichiarata: l’umanitarismo contro il cattolicesimo.

Umanitarismo: tutti i doni di bontà, fratellanza, uguaglianza, senza Dio.

Dall’altra parte i cattolici di Roma, gli unici a credere ancora nel Dio-uomo Cristo Gesù.

Con il passare del tempo, le differenze si fanno sempre più labili fino ad arrivare all’unica vera differenza: Gesù si o no.

“L’uomo del giorno dopo” di David Brin


Nel romanzo L’uomo del giorno dopo di David Brin siamo immersi in un mondo distopico post-apocalittico.

La missione del protagonista, Gordon, è quella di portare la speranza in un mondo ove nulla è più come prima, mediante la maschera dell’eroe un postino che porta le lettere attraverso i Nuovi Stati Unit d’America.

Ovunque troverà persone che in un modo, o in un altro, credono ancora che le cose andranno bene: sia per ingenuità, sia per un’illogico ottimismo, sia per esser ingannati da Gordon (fantomatico postino), sia che che si appartenga alla razza superiore degli Holnisti.

Tutti hanno in comune il fatto che il domani sarà migliore del passato.

Lettere di Nicodemo. Vita di Gesù


Il romanzo Lettere di Nicodemo. Vita di Gesù, narra delle vicende accadute a Gesù osservate dal punto di vista di Nicodemo, il quale ne descrive nel suo epistolario al il suo amico Giusto.

Ne risulta un tratteggio di Gesù molto interessante, caratterizzato dalla sua umanità, ove sembra che quasi nessuno dei comprimari del romanzo (farisei, giudici, apostoli, discepoli, ecc. ecc.) si accorga di chi sia veramente Lui.

Il lettore è messo alle strette: deve scegliere da che parte stare, il Gesù che viene qui descritto è un oggetto d’indagine che solo il lettore può scoprire chi esso sia realmente: questo libro, paradossalmente fa sorgere più domande di quante risposte dia alla figura del Cristo.

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Premio Campiello: vince l’eutanasia. Ma nessuno se ne accorge.


Perché Maria sia finita a vivere in casa di Bonaria Urrai, è un mistero che a Soreni si fa fatica a comprendere. La vecchia e la bambina camminano per le strade del paese seguite da uno strascico di commenti malevoli, eppure è così semplice: Tzia Bonaria ha preso Maria con sé, la farà crescere e ne farà la sua erede, chiedendole in cambio la presenza e la cura per quando sarà lei ad averne bisogno. Quarta figlia femmina di madre vedova, Maria è abituata a pensarsi, lei per prima, come “l’ultima”. Per questo non finiscono di sorprenderla il rispetto e le attenzioni della vecchia sarta del paese, che le ha offerto una casa e un futuro, ma soprattutto la lascia vivere e non sembra desiderare niente al posto suo. “Tutt’a un tratto era come se fosse stato sempre così, anima e fili’e anima, un modo meno colpevole di essere madre e figlia”. Eppure c’è qualcosa in questa vecchia vestita di nero e nei suoi silenzi lunghi, c’è un’aura misteriosa che l’accompagna, insieme a quell’ombra di spavento che accende negli occhi di chi la incontra. Ci sono uscite notturne che Maria intercetta ma non capisce, e una sapienza quasi millenaria riguardo alle cose della vita e della morte. Quello che tutti sanno e che Maria non immagina, è che Tzia Bonaria Urrai cuce gli abiti e conforta gli animi, conosce i sortilegi e le fatture, ma quando è necessario è pronta a entrare nelle case per portare una morte pietosa. Il suo è il gesto amorevole e finale dell’accabadora, l’ultima madre.

Fonte | IBS

Ahimè, ancora una volta la Sardegna condannata alle brutte figure, a un’immagine di tristezza, di arretratezza culturale e di macabra rassegnazione. Riusciremo mai a scrollarci di dosso questa pesantezza d’animo, questo pessimismo paralizzante, una visione piatta che assimila gli uomini alla natura circostante e che non vede differenze significative tra il destino del bue e del gatto e quello del suo padrone? L’ “accabbadora”: per carità! ci mancava solo questa per intristire ancor di più una terra già svigorita dal fatalismo e dal ripiegamento.

Luigi Murtas

Mi son sentito vicino a questo libro che tratta del fine vita, incuriosito… ma me ne sono subito discostato: nei giudizi che ho letto son tutti belli tranne uno. I primi affermano la bellezza stilistica e nient’altro: un’estetica della logica intrinseca delle parole. L’unica voce fuori dal coro (che ho anche citato precedentemente) tocca nel vivo, basandosi sulla proprio esperienza di uomo e di persona nata in Sardegna, cosa rappresenti avere come vincitore del Premio Campiello un libro sull’eutanasia.

Altresì noto che un quotidiano come l’Unione Sarda, vecchio di oltre un secolo (120 anni riporta con non caeato orgoglio il sottotitolo), non tocca nemmeno lontanamente il tema dell’eutanasia: